residenti scendono in piazza per riprendersi la loro città

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I residenti sono allo stremo, non ce la fanno più. Le morse del turismo stringono ogni giorno di più e l’esodo verso la terraferma è inarrestabile, assimilando i veneziani ai panda. Venezia rischia di diventare solo un museo a cielo aperto, perché senza veneziani, la città non esisterebbe più. E proprio per questo motivo in centinaia si sono riversati per le calli lagunari “cacciando” i turisti anche se per poche ore soltanto. Lo slogan, eloquente, “mi no vado via (non me ne vado via)” ha accompagnato l’apertura del corteo evidenziato dallo striscione “Venezia è il mio futuro”. Non sono mancati i cartelli che toccavano i più svariati temi caldi per la sopravvivenza in città come i prezzi delle case, la mancanza di negozi essenziali sostituiti da botteghe di paccottiglia, il transito delle grandi navi da crociera a San Marco, e sopratutto l’insostenibile presenza del turismo mordi e fuggi. I veneziani sono partiti dall’Arsenale per poi snodarsi proprio in quei luoghi dove il turismo di massa tende a rendere la vita difficile in città. Uomini, donne e bambini hanno sfilato sotto il sole: «per chiedere politiche e misure per garantire la residenzialità in centro storico – mettendo nel mirino le amministrazioni pubbliche che – per anni non hanno fatto nulla». Ma anche l’Unesco che ha cominciato ad interessarsi delle politiche per la città, nonostante sia un patrimonio mondiale, solo da pochi mesi. In città ormai si respira fastidio contro l’eccesso di turismo, che sta portando la laguna al collasso. Per questo motivo in altre due occasioni si erano tenute proteste analoghe, una con i carrelli della spesa e una con le valigie. Simboli della residenza e dell’esodo.

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