Il settore dei cereali in fibrillazione

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La guerra in Ucraina, granaio d’Europa, sta provocando gravi tensioni a livello mondiale anche in agricoltura e in particolare nel settore dei cereali. Nei prossimi mesi si prevedono infatti forti carenze di prodotto e ulteriori incrementi dei prezzi. Scenari a tinte fosche, dunque, che preoccupano anche i produttori veneti alla vigilia della raccolta dei cereali autunno-vernini. In questo quadro poco rassicurante ci si mettono pure le bizzarrie climatiche visto che, a causa delle scarse precipitazioni primaverili, il mais ha subito dei ritardi nelle tradizionali epoche di semina e addirittura in alcune zone, per esempio del Veneto orientale, non è ancora stata seminata la soia di primo raccolto. Come non bastasse, il difficile momento ha determinato anche un sensibile incrementato dei costi di produzione.
“Vista la complessa situazione internazionale – sottolinea al riguardo l’assessore regionale all’Agricoltura, Federico Caner – alcuni fenomeni speculativi in atto e le inevitabili ricadute a livello economico che hanno fatto aumentare da un lato il costo delle materie prime e dall’altro quello del carburante, stiamo lavorando in Commissione Politiche Agricole affinché il Governo intervenga con aiuti mirati per le aziende agricole fortemente colpite dal rincaro dei prezzi per l’acquisto di concimi, sementi, prodotti fitosanitari e dall’aumento del gasolio agricolo. E’ infatti necessario che vengano predisposti degli strumenti di sostegno al reddito che possano aiutare a superare il periodo di difficoltà”.
Secondo e indicazioni raccolte dagli esperti dell’Osservatorio Economico Agroalimentare dell’Agenzia regionale, relativamente alle intenzioni di semina, le scelte degli agricoltori veneti nel 2022 hanno privilegiato i cereali autunno-vernini. Infatti, le superfici coltivate a frumento tenero, dovrebbero riportarsi sopra i 100 mila ettari, con un incremento del +5/+10%. In aumento di circa il 5% anche il frumento duro, i cui investimenti dovrebbero risalire a circa 15.000 ettari, mentre l’orzo viene stimato a circa 18.500 ettari (+3/5% rispetto all’annata 2020/2021). In calo invece le superfici coltivate a mais granella (-5/-10%), che dovrebbero scendere sotto i 140 mila ettari, mentre il mais ceroso dovrebbe attestarsi sui 30-35 mila ettari. Al contrario, secondo le indicazioni degli imprenditori, quest’anno ci sarebbe una maggiore intenzione di investire nella soia, le cui superfici sono previste in crescita di circa il 5% e dovrebbero riportarsi tra i 145-150 mila ettari. Sono stimati in leggero aumento anche gli ettari seminati a girasole, che dovrebbero attestarsi sui 4.000 ettari, mentre la colza, dopo il record raggiunto nella scorsa annata, dovrebbe aver perso circa il 5% delle superfici, scese a circa 4.000 ettari.
Infine, i prezzi. Il trend dei listini era già in crescita a partire dal mese di luglio 2021, come conseguenza delle tensioni che, a causa della pandemia, hanno interessato il mercato internazionale delle commodities. Tensioni che con la guerra si sono ulteriormente acuite, facendo saltare gli equilibri di mercato.