Comuni e dipendenti ridotti all’osso

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Sindaci che fanno il lavoro dei funzionari dei loro Comuni, che si occupano dell’ufficio tecnico o della ragioneria. Comuni che vanno avanti con un impiegato tuttofare e un operaio. È la norma ormai da oltre dieci anni, da quando nel 2004 vennero bloccate le assunzioni. «Un blocco orizzontale – ricorda il sindaco di Zoppè di Cadore, Renzo Bortolot – un blocco buono per un Comune di poche migliaia di abitanti e con venti dipendenti, ma che penalizza anche quello virtuoso che ha gli stessi abitanti e ha solo tre o quattro dipendenti». Cose all’italiana, si potrebbe dire, cose viste e riviste. «Anche le formiche, nel loro piccolo, si incazzano»: hanno preso a prestito il titolo dei libri di Gino & Michele i sindaci di due piccoli comuni veneti, Barbona in provincia di Padova e San Bellino in provincia di Rovigo. I due primi cittadini sono partiti lancia in resta contro lo Stato e soprattutto contro il famigerato blocco delle assunzioni, con la speranza che il decreto legge 50, quello sugli enti locali, possa metterci una pezza. Per supportare la loro protesta hanno anche effettuato una indagine tra tutti e 40 i comuni veneti che hanno meno di 1000 abitanti, per capire quanto personale hanno alle loro dipendenze, se è a tempo pieno o è part time. Una indagine che li ha fatti arrivare ad una conclusione: ci sono Comuni che vanno avanti con un dipendente a tempo pieno e uno part time. E basta. È il grido di allarme che arriva da tutto il Veneto, legato a burocrazia e vincoli che al momento non si riesce a scardinare. L’appello è al parlamento dove si sta discutendo di emendamenti al decreto legge

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