un mese al profugo per minacce

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Minacce con una forchetta. Pazienza fosse successo con un coltello, ma il migrante senegalese O.T. stava addentando qualcosa da mangiare e non aveva bisogno di tagliare niente. Il giudice l’ha condannato a un mese di reclusione con pena sospesa per minaccia aggravata nei confronti del mediatore culturale della cooperativa Dumia, che nemmeno l’aveva denunciato. Il procedimento penale è partito d’ufficio e sia il pubblico ministero Rossi che la difesa De Vecchi pensavano che si chiudesse con una sentenza di non doversi procedere. Solo l’avvocato aveva messo in conto la possibilità che l’imputato venisse condannato, ma più che altro per scrupolo difensivo aveva chiesto in subordine il minimo delle pena con le attenuanti generiche. Secondo la ricostruzione fatta in aula, T. era in mensa e stava pranzando con tutti gli altri ospiti. Il medico lo aspettava per una vaccinazione e il mediatore dev’essere stato insistente nella sua richiesta di fare in fretta a tal punto da spazientire T. che gli ha puntato contro la forchetta che aveva in mano. L’uomo si è ritrovato a processo per minaccia aggravata. la pubblica accusa ha fatto cadere l’aggravante, di conseguenza mancava anche la condizione di procedibilità visto che non era stata presentata alcuna querela. La difesa non si è fidata e, in definitiva, aveva ragione. Non ha convinto il giudice il paragone con una discussione nella quale uno dei due interlocutori agita una penna, non per questo sta minacciando qualcuno. Pochi minuti di camera di consiglio e Riposati è uscito con una sentenza di condanna a un mese.

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