Infortuni sul lavoro, numeri tragici

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Con la ripresa delle attività lavorative, dopo le sospensioni dovute all’emergenza sanitaria, sono ripresi anche gli infortuni sul lavoro. In questi mesi abbiamo assistito a numerosi episodi assolutamente evitabili, anche alla luce delle loro modalità di accadimento che spesso si ripetono con le medesime dinamiche da decenni (cadute dall’alto, assenza o elusione di protezioni sulle macchine, formazione assente o insufficiente).
I dati nazionali che l’Inail ha pubblicato evidenziano, per i primi otto mesi del 2021, un aumento dell’8,48% delle denunce rispetto allo stesso periodo del 2020.
Va anche peggio a livello locale: nel confronto tra i primi otto mesi del 2021 con i primi otto del 2020, il Veneto fa segnare un +18.0% passando da 37.215 a 43.811 denunce di infortunio, con un aumento altrettanto grave e significativo degli infortuni mortali (+21,15% da 52 a 63). La provincia di Verona registra +10.17% denunce (da 8.138 a 8.966) con un livissimo calo degli infortuni mortali passati da 15 a 14.
Dati che preoccupano, e che alla luce del dibattito sui futuri investimenti legati al PNRR inducono ad alcune riflessioni.
Le risorse che l’Europa metterà a disposizione rappresentano infatti una concreta possibilità per modernizzare il paese, recuperando quanto perduto a causa della pandemia e sanando quella arretratezza del tessuto economico e infrastrutturale che anni di crisi, di mancate politiche industriali e del lavoro, di scarso coinvolgimento delle parti sociali, di poca attenzione al territorio e all’ambiente, hanno alimentato.
Arretratezza emersa in maniera evidente anche in questi ultimi mesi: nelle reti tecnologiche, presenti nelle zone più importanti ma assenti o fortemente deficitarie in altre, nel nostro Sistema Sanitario Nazionale minato da anni di cosiddette riforme rispondenti più a logiche di mercato e di privatizzazione che di assistenza universalistica alla persona, nella scuola con strutture spesso inadeguate (anche in termini di sicurezza) e aule sovraffollate.
Perché questa possibile svolta si concretizzi è necessario riportare al centro dell’attenzione il tema della qualità del lavoro. Tema che non può prescindere dall’applicazione di contratti nazionali siglati da organizzazioni realmente rappresentative e che si declina in diversi aspetti: stabilità, diritti, retribuzioni dignitose; ma anche permeabilità del mondo del lavoro, a tutti i livelli compresi quelli apicali, rispetto alle giovani generazioni, alle donne, alle persone provenienti da altri Paesi.
In questo senso non può mancare un aspetto su cui la nostra organizzazione ha sempre prestato una particolare attenzione: quella della salute della sicurezza e del benessere sul luogo di lavoro.
Attenzione che è emersa anche durante le prime fasi dell’emergenza sanitaria, quando la Cgil ha fortemente voluto l’adozione di specifici protocolli di sicurezza anti-covid nei luoghi di lavoro. Protocolli che hanno consentito di tutelare lavoratori e lavoratrici i cui rappresentanti sono presenti all’interno di appositi comitati aziendali di verifica delle misure anticontagio adottate.
Questa esperienza ha dimostrato quanto il contributo di chi lavora sia importante nel determinare elevati standard di sicurezza.