GESTIONE MOSE, È IL DIETROFRONT

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Sulla gestione del Mose c’è un bel dietrofront: lo Stato, a quanto pare, non pagherà le spese. Infatti il ministero dell’Economia “non ha ritenuto economicamente sostenibile il comma dell’emendamento sulla struttura di gestione (del Mose di Venezia, ndr), che era stato ricalibrato recependo le istanze dei territori interessati”. Lo precisa in una nota il ministero delle Infrastrutture dopo l’approvazione in Commissione al Senato dell’emendamento allo sblocca-cantieri che prevede la nomina di un commissario per il completamento delle dighe alla Laguna di Venezia. La bocciatura, precisa la nota, è venuta “nonostante l’interessamento del viceministro Massimo Garavaglia”. Eppure, non più tardi di un mese fa il presidente della Regione del Veneto Luca Zaia e il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro avevano inviato congiuntamente al Ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli una loro bozza di emendamento, sotto forma di “osservazioni”, riguardo alla questione della gestione e dei costi del Mose, nell’ambito della discussione in Senato per la conversione in legge del Decreto Legge 32/2019 “Sblocca Cantieri”.Il governatore e il sindaco avevano indicano in particolare alcune fondamentali modifiche, rivolte principalmente al comma 6- ter dell’emendamento ministeriale. Le più rilevanti riguardavano appunto la struttura commissariale e le modalità di gestione dei costi. Questi, secondo il testo del Governatore e del Sindaco, venivano indicati con oneri integralmente a carico del bilancio dello Stato. E invece no. E allora sorgono alcune domande. Chi gestirà il Mose, una volta completato? Non si sa. Chi pagherà le spese di funzionamento delle dighe mobili di Venezia? Mistero. Doveva farsene carico Roma, ma, improvvisamente, la frase con oneri a carico del bilancio dello Stato è scomparsa. Cancellata e non sostituita. Come se il tema non fosse all’ordine del giorno.

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