PMI motore dell’economia, ma serve maggiore dialogo

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In dieci anni l’Italia ha detto addio a 850mila imprese. È partito da questo dato Renato Della Bella, presidente di Apindustria Confimi Verona, per tracciare il bilancio del 2019 e guardare alle prospettive future per le Piccole e Medie Imprese scaligere. «La preoccupazione maggiore per i nostri imprenditori è la mancanza di prospettiva: non si sa cosa succederà domani in termini di ordinativi, se si potrà o meno contare sul rapporto con il mondo bancario che continua a essere il grande assente; se si potrà avere o meno personale specializzato formato dalla scuola da inserire come ricambio per chi andrà in pensione», ha evidenziato. Qui la responsabilità dei corpi intermedi, quali innanzitutto le associazioni di categoria, per ricercare il dialogo e fare rete almeno a livello locale. «Chi ha la responsabilità delle decisioni del territorio dev’essere onesto nell’analizzare i risultati: Ve­rona, grazie alla sua localizzazione, ha una fortuna incredibile e riesce a beneficiare di situazioni favorevoli. Poten­zialmente però questo vantaggio andrà a esaurirsi. Le scelte del passato devono essere rinnovate, per riprogettare insieme il futuro di Verona», ha rimarcato. Il 2019 è stato un anno di sostanziale tenuta: le PMI continuano a essere motore per l’economia del sistema scaligero e italiano. Tuttavia preoccupazione e incertezza segnalate da Apindustria nei primi sei mesi del 2019 hanno trovato conferma nel semestre successivo, pur con declinazioni e dinamiche diverse nei vari ambiti merceologici. Secondo un’indagine congiunturale di Confimi Industria (settembre 2019) sulle 40mila realtà associate a livello nazionale, l’Italia della piccola e media industria si conferma un Paese per lo più metalmeccanico, in cui il 44% delle aziende registra un fatturato annuo di circa 5 milioni di euro e in cui oltre l’85% ha meno di 50 dipendenti. Tra le problematiche che interessano la categoria, la difficoltà di movimentare merci per le resistenze dell’Austria che vuole ridurre il traffico su ruota sulla direttrice Brennero, Innsbruck, Monaco; poi le pratiche commerciali scorrette della grande distribuzione e della distribuzione organizzata in Italia. «La distribuzione alimentare è saldamente in mano di questi player dai fatturati normalmente 100 volte più grandi del proprio fornitore. Negli ultimi mesi molte materie prime sono in tensione e subiscono aumenti importanti, la necessità di rinegoziare i prezzi si scontra con rinnovi di contratto sempre più onerosi. La forza contrattuale della controparte obbliga i produttori a subire contratti capestro, pena la rottura del rapporto commerciale stesso», ha segnalato.

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