“La salute resti fuori dalla propaganda”

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«Quando si tratta della salute delle persone e dell’ambiente i toni da campagna elettorale andrebbero evitati. Dispiace quanto in queste ore è stato detto a proposito dei PFAS dall’assessore all’Ambiente della Regione Veneto, cercando di scaricare sul ministero dell’Ambiente le responsabilità che non gli competono e generando confusione, se non allarme, fra i cittadini. Proprio per questo voglio fare chiarezza su un tema molto complesso ma di grande importanza, per il quale dall’inizio del mio mandato come ministro dell’Ambiente mi sono attivamente speso sia in sede europea che italiana». A parlare è il ministro dell’Ambiente Sergio Costa.
«L’Italia, infatti, è stata in prima fila in Europa nel pretendere massima ambizione sui Pfas, con una negoziazione difficile ma che non è mai arretrata di un passo. Il successo dell’azione in Europa ci ha spianato la strada per poter intervenire attraverso il “Collegato ambientale 2020”, al quale ho lavorato insieme al Sottosegretario Morassut in questi mesi, anche nel nostro Paese con più facilità».

La questione prevede infatti due livelli: uno nazionale che disegna il perimetro entro il quale l’Italia si muove (cosa che si sta facendo nel Collegato per la prima volta nella storia del Paese) ed uno regionale che deve leggere le singole situazioni locali che si differenziano per aree geografiche.
I limiti allo scarico sono stabiliti a livello nazionale, ovvero con legge dello Stato, nel Testo unico ambientale dove sono elencate le sostanze per le quali sono stati stabiliti i limiti massimi di emissione nelle acque superficiali.
Su questo tema il ministero dell’Ambiente è attivo da anni, da quando cioè sulla base delle evidenze scientifiche rilevate dagli Enti tecnici nazionali tra gli anni 2013 e 2016 (IRSA-CNR, ISS, ISPRA), allo scopo di tutelare i corpi idrici superficiali, ha emanato nel 2015 e 2016, sulla base della Direttiva quadro acque, due decreti con cui sono stati fissati i limiti di concentrazione delle sostanze pericolose presenti nelle acque superficiali e sotterranee.
Questi due decreti, nel definire i nuovi (prima inesistenti) valori limite per le sostanze inquinanti PFAS nelle acque superficiali e sotterranee, imponevano alle Regioni di prescrivere valori limite agli scarichi che tenessero conto dei nuovi limiti imposti per le acque.
Più recentemente, il ministero dell’Ambiente ha intrapreso un grande lavoro di revisione della Tabella 3 (“Valori limiti di emissione in acque superficiali e in fognatura”) dell’Allegato 5 alla Parte III del Testo unico ambientale, inserendo nella proposta del Collegato Ambientale 2020 i nuovi limiti agli scarichi dei composti PFAS, più pericolosi, validi a livello nazionale.
Ciò non toglie che le Regioni, qualora siano rilevate nuove sostanze PFAS (o altre sostanze pericolose), alla luce dello stesso Testo unico ambientale, debbano imporre limiti nuovi o più restrittivi rispetto a quelli già definiti nella Tabella 3.
Infine, per quanto riguarda il valore assoluto di concentrazione fissato dalla proposta normativa contenuta nel Collegato Ambientale, questo non può essere così restrittivo quanto quello che può e deve essere definito autonomamente dalla Regione.
L’ISS e il CNR (che hanno elaborato i limiti su indicazione del Mattm) nei loro pareri hanno sempre parlato di “virtuale assenza dei PFAS”, intendendo che si deve fare il massimo a tutti i livelli per ridurre gli scarichi di PFAS nell’ambiente tendendo, nel tempo, ad eliminarli dai cicli produttivi delle aziende. Per altro nel Collegato è stato inserito uno specifico articolo di legge finalizzato ad agevolare l’individuazione di sostanze alternative.