Avanti così e i veneti rischiano di sparire

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Dal 2014 la popolazione del Veneto risulta in diminuzione, per effetto della componente naturale (differenza tra nascite e decessi) sempre più negativa e non più controbilanciata dalla componente migratoria. Nei due anni pandemici, il saldo naturale risulta inoltre particolarmente negativo (circa -25.000 nel 2020 e -21.000 la stima per il 2021) se confrontato con quello degli anni precedenti (circa -15.000 nel 2019): da un lato conferma un trend in atto, dall’altro risulta aggravato dagli effetti pandemici. A questo risultato contribuiscono sia l’aumento dei decessi che la diminuzione delle nascite; se l’aumento vertiginoso dei decessi (+13,7% medio nel 2020-21 rispetto alla media dei due anni precedenti) ha una causa inequivocabile nella pandemia, il calo delle nascite (-5,1% medio nel 2020-21) ne è influenzato solo in parte: alla consolidata bassa fecondità si aggiunge l’incertezza per la pandemia e per il futuro, che ha portato a procrastinare scelte durature come quella di mettere al mondo un figlio.
La riduzione della natalità ha una componente storica che perdura da tempo e ha carattere nazionale: dopo il baby-boom degli anni Sessanta si osserva un primo baby bust, ovvero la fase di forte calo della fecondità del ventennio 1976-1995, con il tasso di fecondità che in Veneto arriva ai minimi storici di 1,07 figli per donna nel 1994. La ripresa successiva a partire dagli anni Duemila è dovuta principalmente all’apporto positivo dell’immigrazione, con l’ingresso di popolazione giovane e con una maggiore propensione a fare figli rispetto alle donne italiane. Ha il suo culmine nel 2008 per poi scendere nuovamente fino a ridursi a 32.672 nascite nel 2020 (-32,8% rispetto al 2008), stimato in leggera ripresa nel 2021 (32.771). Negli ultimi dieci anni tale dinamica si verifica anche in altri Paesi europei, considerato che il tasso di natalità medio dell’UE27 scende da 10,4 nati per mille abitanti a 9,1. In questo periodo solo due Paesi hanno accresciuto la natalità (Germania e Ungheria) e in un Paese è rimasta stabile (Austria); tutti gli altri hanno visto perdite anche vistose (Irlanda, Spagna). L’Italia è il Paese con il tasso di natalità più basso dell’UE (6,8‰) e che nel decennio ha subito una delle perdite più consistenti; il Veneto segue con un tasso di natalità inferiore e pari a 6,7‰.
Nel 2020, i primi 11 mesi dell’anno mostrano una diminuzione comples- siva delle nascite del -4,7% rispetto alla media degli stessi mesi dei due anni precedenti, un calo in linea con la contrazione registrata nel 2019 (-5,2%). A dicembre, invece, in corrispondenza dei concepimenti dei primi mesi della pandemia, la contrazione balza al -11,4% e prosegue nel gen- naio 2021 con -16,6%. Marzo-aprile 2021 segnano un lieve recupero dei nati, o per lo meno riduzioni più contenute, a seguito dei conce- pimenti riferiti al periodo estivo 2020 di fuoriuscita dalla prima ondata della pandemia, ma tra giugno e ottobre 2021, in corrispondenza dei concepimenti nella seconda ondata epidemica, si registrano di nuovo contrazioni superiori al -7%. A dicembre, tuttavia, sembra verificarsi un recupero dei concepimenti posticipati, con un dato positivo di +4,4%. La situazione nel territorio è diversificata, con Rovigo e soprattutto Verona che, nell’ultimo anno, segnano perdite più significative che a livello regionale, mentre Vicenza risulta in controten- denza, guadagnando nati e confermando livelli di fecondità tra i più elevati in regione.